Cos’è? Per violenza ostetrica si intende l’abuso da parte del personale medico e paramedico nei confronti della paziente nella fase del parto. L’abuso consiste nell’inadeguata assistenza alla donna, sia sul fronte terapeutico sia sul fronte psicologico. Il concetto di violenza ostetrica è stato maggiormente dibattuto in America Latina. In cinque paesi del continente, infatti, la violenza ostetrica è definita come violenza di genere.
La situazione in Italia: il tema della violenza ostetrica in Italia sta cominciando a farsi strada, anche a seguito dell’attuazione di molte campagne informative da parte di associazioni e gruppi, per evitare il fenomeno, da sempre tenuto nascosto, soprattutto per il timore della donna di non trovare credibilità e sostegno.
Come riconoscere il fenomeno: La violenza ostetrica avviene nelle pratiche di routine e non nelle situazioni di emergenza. Ad esempio, l’episiotomia (un’incisione, che può essere eseguita per facilitare il parto) viene vissuta dalle donne come una forma di violenza e molte donne lamentano di non aver prestato il consenso alla procedura. Ma anche la non adeguata assistenza alla donna durante il parto può sfociare in violenza ostetrica.
Cosa fare se si subisce violenza ostetrica: Le donne che siano state vittime di violenza ostetrica possono inoltrare segnalazioni alla direzione dell’ospedale, alla sezione del Tribunale del malato dell’ospedale di riferimento e alla direzione generale dell’ASP (azienda servizi pubblici). È possibile anche sporgere denuncia/querela presso polizia e carabinieri. Ad oggi, purtroppo, l’assenza di una normativa specifica comporta delle difficoltà a far valere le proprie ragioni in sede legale.
Le testimonianze sul fenomeno: In Italia è stata sporta denuncia da parte di quasi 1 milione di donne che affermano di aver subito dal 2003 ad oggi violenza ostetrica.
Il fenomeno a livello internazionale/Prima normativa di riferimento: l’ONU ha emanato il primo rapporto sulla violenza ostetrica, inquadrandola come violazione dei diritti umani. Anche il Consiglio d’Europa ha adottato la prima risoluzione per contrastare il fenomeno e ha invitato gli stati membri a adottare meccanismi che permettano l’assistenza alle donne vittime di questa violenza.
Come abbiamo già detto, per essere considerate vittime di tale violenza è sufficiente che le donne non abbiano prestato il proprio consenso alla procedura.
Il consenso informato è la manifestazione di volontà del paziente, a seguito di un’adeguata ed esaustiva informazione da parte del personale sanitario, di sottoporsi o meno ad un determinato trattamento sanitario. Il consenso informato è disciplinato dalla legge 219/2017: il medico deve informare il paziente dei rischi, delle probabilità di riuscita del trattamento, della durata dello stesso, delle alternative. Alla base della disciplina del consenso informato vi è l’art 32 comma 2 della Costituzione, secondo cui nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario, se non per disposizione di legge. Inoltre, tale articolo riconosce la capacità dell’individuo di autodeterminarsi, quindi il diritto del paziente di decidere come e se sottoporsi alle cure. Pertanto, la donna ha il diritto di essere informata e di scegliere se sottoporsi o meno ad un determinato trattamento. Questo consenso è revocabile: se una donna presterà consenso per una procedura, sarà successivamente libera di revocarlo qualora cambiasse idea.
La violazione del consenso informato causa due tipi di danni: 1) un danno alla salute: nel caso in cui il paziente, se fosse stato correttamente informato, avrebbe rifiutato di sottoporsi all’intervento; 2) un danno da lesione al diritto all’autodeterminazione: a seguito di inadeguata informazione, il paziente subisce un pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale.
L’assenza di un reato specifico per i casi di violenza ostetrica rende difficoltosa una tutela di tipo legale. Resta comunque possibile l’applicazione di altri reati già previsti dall’ordinamento, collegabili alla fattispecie in questione:
- Lesioni personali dolose (art 582 cp): questo reato viene integrato da chi cagiona, ad altri, una lesione personale dalla quale deriva una malattia del corpo e della mente. Il bene tutelato è l’incolumità fisica e psichica della persona. Quindi potrà essere integrato nel caso in cui alla donna non sia stato reso correttamente consenso informato e il trattamento eseguito, in assenza di consenso, cagioni un danno.
- Lesioni personali colpose (art 590 cp): questo reato viene integrato da chi cagiona ad altri, per colpa, una lesione personale. Quindi potrà essere integrato nel caso in cui il personale medico, seppur in presenza di consenso informato della donna, abbia comunque causato lesioni alla donna o al feto, per negligenza, imperizia e imprudenza.
- Reato violenza privata (art 610 cp): questo reato viene integrato da chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare ed omettere qualche cosa. Il bene giuridico tutelato, in questo caso, è la libertà morale dell’individuo e quindi la sua possibilità di autodeterminarsi autonomamente, secondo propri processi motivazionali.
- Reato di percosse (art 581 cp): il bene tutelato è l’incolumità individuale, ossia l’integrità fisica della persona contro qualsiasi aggressione che si traduce in violenza sul corpo. In questo caso il reato viene integrato se la violenza fisica, non comporta traumi.
Da quanto sopra enucleato quindi, il fenomeno della violenza ostetrica, purtroppo, è sempre più frequente. Pur non essendoci nel nostro ordinamento una forma di reato ad hoc, la tutela legale sarà dunque ricostruibile, seppur in modo difficoltoso e fino ad effettiva normazione, attraverso altre singole fattispecie di reato. Tale percorso d’altronde non è nuovo nel nostro ordinamento come per il reato di stalking, che prima del 2013 veniva punito con singole fattispecie criminose non essendoci ancora una fattispecie di reato specifica enucleata di fatti solo successivamente per una tutela piena della vittima.
A tutela delle donne nasce così l’Osservatorio della Violenza Ostetrica Italiana (O.V.O. ITALIA) che è creato per raccogliere informazioni, per rendere visibile il fenomeno della violenza nei reparti di maternità e per il monitoraggio degli episodi che costituiscono questo tipo di violenza sanitaria ai danni delle donne. Sul questo sito è possibile un approfondimento de fenomeno ed informazioni di sostegno.
Area legale – Logos Famiglia e Minori
Studio Legale Roberti
Writer: Dottoressa Chiara Giuliani (paralegal)