Parametri per quantificare gli alimenti da versare ai figli
L’obbligo di mantenere i figli è sancito dall’articolo 147 del codice civile il quale afferma che il matrimonio impone ad entrambi i coniugi l’obbligo di mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli (…).
In virtù della Legge Cirinnà (n. 76/2016) che ha riconosciuto le coppie di fatto, garantendo loro gli stessi diritti delle coppie sposate, l’obbligo di mantenere i propri figli sussiste sia per le coppie sposate che per le coppie conviventi.
Entrambi i genitori quindi devono contribuire all’adempimento di tale obbligo, in base alle reciproche possibilità economiche ed in modo diverso a seconda che il genitore sia collocatario o meno.
Le spese ordinarie vengono sostenute dal genitore collocatario che però, mensilmente, riceve il c.d. “ assegno di mantenimento” dal genitore non collocatario che di fatto partecipa alle spese ordinarie.
Le spese staordinarie invece non rientrano nell’assegno di mantenimento, essendo spese “extra” che di volta in volta si presentano: entrambi i genitori sosterranno le evenutali spese straordinarie secondo una percentuale definita dal giudice caso per caso, che di solito è al 50%.
A chi è destinato l’assegno di mantenimento?
Coloro i quali hanno diritto all’assegno di mantenimento sono quelli che non vantano di un adeguato reddito, non sono la causa dello scioglimento del matrimonio ( la separazione è quindi addebitata alla controparte) e il cui ex coniuge è economicamente in grado di poter provvedere all’erogazione di tale assegno, essendo la parte economicamente “più forte”.
Come viene quantificato l’assegno di mantenimento?
Non esiste uno strumento ad hoc volto al calcolo dell’assegno di mantenimento dei figli; sappiamo che il giudice, di volta in volta, decide l’ammontare di tale assegno in base alle condizioni economiche di entrambi i genitori. Nei casi di separazione consensuale le parti possono accordarsi sull’importo di tale assegno.
La giurisprudenza però, si è mossa in tal senso, cercando di individuare e fissare dei parametri al fine di poter quantificare il mantenimento in base a dei criteri oggettivi.
In questo orientamento, la Corte di Cassazione con sentenza n. 19299/2020 ha sancito il principio di proporzionalità da rispettare ogni qual volta un giudice debba stabilire l’ammontare dell’assegno di mantenimento da versare ai propri figli.
Inoltre, l’articolo 337 ter del codice civile sui “provvedimenti riguardo ai figli” sancisce che: salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando:
- le attuali esigenze del figlio.
- il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori.
- i tempi di permanenza presso ciascun genitore.
- le risorse economiche di entrambi i genitori.
- la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.
Andando ad analizzare ogni singolo criterio, sappiamo che:
le attuali esigenze dei figli corrispondono ad esigenze alimentari, alla cura, educazione, esigenze sociali, sport e tutto ciò che garantisce ai figli un’adeguata crescita;
il tenore di vita di cui i figli godevano prima della separazione dei propri genitori deve continuare ad essere garantito al fine di non causare loro ulteriori problematiche;
la permanenza presso ogni genitore invece, è un criterio in base al quale l’assegno di mantenimento deve esser quantificato anche in base al tempo che i figli trascorrono con l’uno e l’altro genitore;
le risorse economiche di entrambi i genitori impongono, ai fini del calcolo dell’assegno di mantenimento, di valutare il complessivo patrimonio di ogni genitore: attività lavorativa, patrimoni mobiliari e immobiliari, assegni familiari etc. E’ importante sottolineare che tra questi elementi non rientrano gli aiuti economici che i rispettivi familiari forniscono ad un genitore.
Altro criterio è quello della valenza economica dei compiti domestici e di cura il quale valorizza che concede valore alle spese per cui risulta difficile arrivare ad una precisa quantificazione economica.
Questi compiti corrispondo a spese alimentari, accompagnare i figli a scuola, faccende domestiche, seguire i propri figli nello svolgimento dei compiti scolastici e quant’altro.
Non sussiste quindi un importo fisso per tutti, dipende appunto da una serie di variabili.
Attualmente comunque il valore dell’assegno si attesta su 1/3 del reddito libero del coniuge obbligato, con gli opportuni aggiustamenti.
Revoca
L’assegno di mantenimento tutela, dunque, l’ex coniuge economicamente più debole ed i figli.
Tale importo tuttavia non rimane fisso per sempre. Potrebbe subire variazioni o addirittura essere revocato in alcuni casi, come se:
L’ex coniuge che riceve l’assegno di mantenimento si sposa o convive stabilmente non avrà più diritto all’assegno di mantenimento per sé, ma solo per i figli;
- L’ex coniuge inizia a lavorare, vedendo cambiata quindi la sua condizione reddituale, potrà avere una riduzione dell’assegno;
- L’ex coniuge che versa l’assegno di mantenimento, perde il lavoro o percepisce uno stipendio inferiore, può richiedere la riduzione dell’ammontare di tale assegno;
- I figli diventano economicamente indipendenti ed il genitore non ha più l’obbligo di versar loro l’assegno.
Tassazione
Chi versa l’assegno verso il proprio ex coniuge può dichiarare il relativo importo nel proprio 730 al fine di ricevere un importo IRPEF. Gli assegni di mantenimento, se versati all’ex coniuge, sono deducibili dal proprio reddito ( art.10, comma 1 lett. c L. 917/86).
Invece, colui il quale riceve l’assegno di mantenimento, ha l’obbligo di dichiararlo nel modello 730 in quanto esso fa reddito a tutti gli effetti.
Area legale – Logos Famiglia e Minori
Studio Legale Roberti
Writer: Dottoressa Carolina Fattori (paralegal)