Cos’è l’attaccamento?
L’attaccamento può essere definito come un legame affettivo e duraturo, che unisce una persona ad un’altra nello spazio e nel tempo.
La teoria dell’attaccamento nasce con John Bowlby, il quale ha rivoluzionato il modo di pensare la relazione che si crea tra genitore e bambino. Infatti, se prima si riteneva che fosse fondata sul “bisogno soddisfatto di cibo”, come diceva Freud, con Bowlby diventa una relazione basata sul bisogno di amore e presenza.
Le figure di attaccamento sono una risorsa di sicurezza che permettono l’esplorazione, un posto sicuro in cui rifugiarsi in situazioni di stress o di pericolo e che contribuiscono all’autoregolazione in circostanze difficili o ansiogene. A proposito del ruolo della figura di attaccamento, di rilevante importanza è stato lo studio di Harry Harlow su dei cuccioli di macachi, che preferivano di gran lunga essere coccolati che essere nutriti. Infatti, la figura di attaccamento ha proprio il compito di essere presente e accessibile per poter rispondere e soddisfare i bisogni del bambino (essere nutriti, lavati, etc., ma anche essere amati e sentirsi al sicuro). I macachi di Harlow venivano nutriti da una “madre surrogata” di fil di ferro e coccolati da una “madre surrogata” ricoperta da un materiale soffice e caldo: il piccolo poteva scegliere da chi andare e, come si può ora dedurre, passava la maggior parte del tempo attaccato alla madre soffice, mentre andava dalla madre che dava nutrimento solo ed esclusivamente quando sentiva un forte bisogno di cibo. Ciò mette in risalto l’importanza della soddisfazione dei bisogni sia di accudimento (nutrizione) che di attaccamento (amore).
Bowlby suggerisce anche che la qualità di questa relazione costituisca come una specie di stampo relazionale che condiziona le future interazioni dell’individuo. In merito a ciò si parla proprio di Modelli Operativi Interni (MOI), “schemi mentali” che si costruiscono nell’infanzia proprio a partire dalla relazione con le figure di attaccamento, influenzano il comportamento nelle varie relazioni future (che siano amicali, amorose, ma anche con insegnanti o capi, etc.) e delineano la personalità individuale. In linea generale, i MOI sono delle rappresentazioni di sé stessi e delle persone con le quali si è stabilito un legame affettivo. È importante sapere che i MOI hanno carattere dinamico, ciò vuol dire che possono cambiare, sia attraverso nuove esperienze e maturazione, sia attraverso una psicoterapia.
Gli stili di attaccamento
A partire da queste concettualizzazioni, una collega di Bowlby, Mary Ainsworth, ha elaborato uno strumento per la valutazione della relazione di attaccamento tra bambino (di un anno) e caregiver: la Strange Situation Procedure. Esso è costituito da una serie di episodi e i partecipanti sono tre: il bambino, il caregiver (la persona che si prende cura del bambino) e una sconosciuta. Inizialmente il bambino si trova in una stanza piena di giochi attraenti insieme al caregiver e dopo qualche minuto entra una sconosciuta. Successivamente, il caregiver lascia la stanza e dopo qualche minuto rientra. Si prosegue con una seconda separazione dal caregiver e dopo un paio di minuti anche la sconosciuta lascia la stanza, per poi rientrarvi prima del caregiver.
Lo strumento ha permesso di valutare le reazioni del bambino nelle varie fasi e si sono potute trovare quattro principali modalità di attaccamento, in base a quanto il bambino “usa” il caregiver come base sicura per esplorare l’ambiente che gli sta intorno.
- Attaccamento sicuro
Il bambino esplora tranquillamente l’ambiente, protesta lievemente quando viene separato dal caregiver e si calma quando vi si ricongiunge, tornando a giocare. In questo caso il caregiver è sensibile ai segnali del bambino ed è molto disponibile a rispondere ai suoi bisogni.
- Attaccamento insicuro-evitante
Il bambino mostra una apparente indifferenza alla separazione dal caregiver e anche al ricongiungimento con esso (“apparente” in quanto le registrazioni cardiache mostrano un’attivazione emozionale). Al di fuori della SSP, il caregiver è indisponibile o rifiutante, quando interagisce con il bambino è arrabbiato o irritato.
- Attaccamento insicuro-ambivalente
Il bambino non riesce a essere consolato dopo il ricongiungimento con il caregiver, ma allo stesso tempo sembra rifiutare la vicinanza ad esso. L’adulto si è mostrato incoerente nel corso del tempo: a volte è disponibile a rispondere e soddisfare i bisogni del bambino, a volte no.
- Attaccamento insicuro-disorganizzato
Il bambino si comporta in modo bizzarro, confuso, buttandosi a terra senza motivo, oppure mettendosi in un angolo come se si mettesse in punizione da solo, o fa per avvicinarsi al caregiver per poi bloccarsi all’improvviso e camminare all’indietro. Ricerca e, allo stesso tempo, teme il caregiver, che è fonte di ansia, paura e stress. Infatti, questo stile di attaccamento è tipico nei bambini vittime di abusi, o il cui caregiver ha disturbi mentali o un lutto ancora non risolto e non soddisfa il bisogno di amore e accudimento.
Uno stile di attaccamento sicuro è certamente l’obiettivo da raggiungere, in quanto renderà l’individuo consapevole di essere degno di amore e cure; con una buona autostima; capace di creare legami stabili; sarà capace di empatizzare con gli altri; avrà migliori capacità cognitive; avrà una buona regolazione emotiva e ottime doti sociali.
Cosa puoi fare per favorire un attaccamento sicuro?
È importante, da genitore, migliorare le proprie capacità di decodifica delle richieste implicite del bambino. Questo vuol dire, ad esempio, cercare di rispondere al meglio ai comportamenti esplorativi di vostro figlio, mantenendo la vostra presenza così che possa tornare da voi appena ne sentirà il bisogno, e mantenendo soprattutto una presenza che possa garantire la sua esplorazione in tranquillità, priva di ansie e stress. È anche molto utile riuscire a riflettere sui comportamenti, sentimenti e pensieri vostri e di vostro figlio, prestando attenzione anche a episodi passati che possono aver influenzato o continuano a influenzare lo stile di attaccamento che si è creato.
Questi atteggiamenti possono favorire ciò che viene chiamato il “circolo della sicurezza”, che si focalizza principalmente su ciò che voi genitori potete fare nella pratica e il motto in questo contesto può sicuramente essere: “Rifletti, rifletti, rifletti!”. Fatelo su quello che pensa e sente vostro figlio; sul perché, secondo voi, si sta comportando in un determinato modo; su cosa avreste potuto fare in quella situazione invece di ciò che avete fatto davvero; su cosa potete iniziare a fare da adesso in poi…
Alla base del circolo della sicurezza vi è il pensiero che non necessariamente una persona con attaccamento insicuro diventerà un genitore di un bambino con attaccamento insicuro. Qualsiasi genitore può creare un attaccamento sicuro, basta solo un po’ di impegno verso sé stessi e il proprio bambino. Allo stesso tempo, anche l’attaccamento di vostro figlio può cambiare nel momento in cui voi cambiate modo di rispondere alle sue esigenze e ai suoi comportamenti.
Bibliografia:
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Santrok, J. W., (2014). Psicologia dello sviluppo. Milano: McGraw Hill Education.
Area neuropsicologia e salute mentale – Logos Famiglia e Minori
Studio Neuropsicologia e Psicoterapia Guzzino
Writer: Dottoressa Andrea Katherine Robinson